L'Angolo di Merlino

Realtà e Multiverso

L’inganno della mente e la perdita del contatto con l’infinito

 

L’albero della “Vita” e l’albero della “Conoscenza-del-bene-e-del-male”

L’uomo da un nome a tutte le cose (Gn 2,19-20), ha la capacità di definirle, e mediante ciò acquista potere sopra di esse e le appiattisce, condannandole ad un titolo, e dunque a un uso, disincantati e funzionali. L’atto di conoscenza passa dallo stupore incondizionato per l’essere colto nella sua essenza (essere in quanto essere), retaggio dei popoli naturali, al pensiero moderno – per sua natura strumentale – finalizzato all’impiego più consono e soddisfacente che, di volta in volta e di epoca in epoca, di esso verrà fatto. Viceversa, le antiche forme di spiritualità animista, riconoscendo un valore intrinseco a tutto ciò che esiste di naturale, attribuivano ad esso una provenienza divina e uno statuto di singolarità chiamato “Medicina”. Possiamo con ciò affermare che la conoscenza si è andata progressivamente evolvendo verso la separazione tra l’oggetto conosciuto e il soggetto conoscente. Ma non è stato sempre così. Quando eravamo bambini, la realtà sperimentata era in diretta continuità con i nostri sensi. Inconsapevolmente ci sentivamo parte di un Tutto, che ci dava calore e di cui conservavamo memorie ancestrali. È dunque legittimo chiederci in quale modo sia avvenuto, e continui ad avvenire, un cambiamento di tale entità; che cosa possa aver spinto quel piccolo essere magnifico, totalmente felice e innamorato della vita, a scindere il suo mondo magico e arcano, accettando un compromesso che ci ha lasciato in mano solo dei cocci: un al-di-qua misurabile e fin troppo prevedibile e un al-di-là astratto, opinabile e scarsamente significativo. Il ricatto che porta a questa prima e fondamentale separazione del mondo interiore, a questa perdita del rapporto con il totalmente altro, è tutto contenuto nel percorso per l’acquisizione di un ego separato ed autosufficiente. Non si può avere tutto – ci viene detto – e se vuoi “trovare il tuo posto” in mezzo agli altri, cioè essere riconosciuto da loro e amato, il prezzo da pagare è una rinuncia all’infinito. “Sei un ometto, ormai” (oppure “sei una donnina”), non puoi permetterti di deludere le aspettative di chi ti vuole bene e ripone in te così tante speranze.

Questa dimensione dualistica alla quale ognuno di noi si risveglia per causa di forza maggiore, e che è descritta con grande accuratezza nel terzo capitolo del libro della Genesi col nome di “albero della “conoscenza-del-bene-e-del-male”, è una conoscenza separata, discriminante e per opposti, non più vissuta come esperienza partecipe e unitiva ma viziata da un pregiudizio. La Realtà in cui viviamo, cessa allora di essere direttamente connessa con l’albero della Vita, per essere interpretata dalla mente secondo le proprie linee guida e sistemi di riferimento. La Realtà diviene l’idea-che-ci-facciamo-sulla-realtà.

Se non diventerete come i bambini…(Mt 18.3)

Da allora, la percezione di tutti i nostri sistemi – viventi e non viventi – ricadendo sotto gli stessi paradigmi, è regolata non più dallo stupore suscitato e attratto dalla diversità, ma da idee e concetti continuamente influenzati da mode, timori, suggestioni, visioni politiche ed economiche, diffidenze ataviche, vantaggi e comodità. Bisogna però dire che, dal secolo scorso, qualcosa sta cambiando nello schema «mondo del signor Rossi», qualcosa che lo assottiglia, rendendolo meno concreto e definito, qualcosa che lo fa corrispondere ad un fluido vuoto percorso da infinite trame energetiche. Se per Cartesio qualsiasi sistema si poteva identificare in una collezione di oggetti materiali in cui poteva essere a piacimento scomposto e ricostruito (come se fosse un orologio), oggi che la materia ci appare sempre più rarefatta (la parte solida di un atomo, ad esempio, è più o meno equivalente alle dimensioni di un pallone in un campo di calcio) sono le relazioni tra i singoli oggetti ad acquistare importanza, le strade del mondo più che l’appartamento del signor Rossi. In questo cambiamento di prospettiva, proprio l’esperienza del cammino e non più l’idea che possiamo farci su questa esperienza, torna ad aver valore. Oggi che il cammino sta lentamente tornando verso l’albero della vita, sono spesso le stesse scienze a smantellare concezioni divenute anacronistiche. Dopo che Lovelock propose, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, l’ipotesi Gaia, che presentava la terra come una sorta di super-organismo inter-relazionale, l’attenzione si è andata via via spostando dagli elementi costituenti i vari sistemi “signor Rossi” alle relazioni energetiche che li legano, capaci di costituire e sostituire, a livelli sempre più sottili, quella che veniva originariamente ritenuta “terra ferma”.

Ricapitolando, il bambino che è natura allo stato puro, cioè pienamente istintuale, fa parte di un grande tutto di cui non possiede consapevolezza. L’adulto che diventerà, viene progressivamente educato ad accorciare la traiettoria della sua visione in cambio di successo, potere e comodità. Solo dopo aver affinato la sua ricerca, e senza nessuna garanzia di successo, quell’adulto, divenuto cosciente, potrà dimostrarsi capace di integrare nella sua vita il sogno del bambino infinito che era, per poter rientrare “nel Regno dei Cieli”a cospetto dell’albero della vita.

Il Wyrd: la grande rete del Multiverso

Dalla crash di una realtà-contenitore, statica ed inamovibile, la fisica quantistica ci offre oggi una visione incomparabilmente più dinamica, che è basata sulla possibilità dell’accadimento (qualcosa di simile alla probabilità statistica) più che sulla sua effettiva ed inevitabile epifania. Curioso che esista, sia nella cultura celtica che il quella antico-norrena, un concetto antichissimo capace di raccogliere ed interpretare, con grande accuratezza ed efficacia, l’orizzonte di significato che emerge all’indomani di una tale frantumazione. Tutta questa fantastica rappresentazione è il Wyrd. Esso, come dice B.Bates, “…non è una legge esterna che dall’alto controlla la nostra vita in modo del tutto imprevedibile, quanto piuttosto la nostra personale responsabilità per le  azioni che compiamo. Niente può accadere senza il Wyrd, poiché esso è presente in tutto ed attraversa tutto, ma non fa accadere le cose, bensì, essendo ri-creato istante per istante, rappresenta l’accadimento in sé.”

Se vogliamo familiarizzarci con l’idea di Wyrd, passare cioè dalla struttura apparentemente densa delle cose alla loro energia, è necessario che ampliamo la nostra percezione della realtà fino ad includerci i suoi aspetti non ordinari. Per questo motivo ogni automatismo della nostra esistenza robotica, disattende quelle connessioni ed esclude quelle leggere anomalie – quasi sempre impercettibili – che, in un contesto interpretativo di tipo Sciamanico, caratterizzano le porte magiche di accesso all’Altromondo e ad ogni piccolo/grande evento creativo. Quello che sfugge a questa modalità discontinua, è che tra le pozze separate dei singoli avvenimenti, si crea una trama infinita di possibili raccordi – le vie segrete della realtà non ordinaria – che svelano significati riposti, identità celate e manifestano stati nascenti capaci di garantire una partecipazione su piani diversi e spesso sincronici, alla grande danza della vita. Questo sottile feltro di possibilità latenti rimane però invisibile qualora – ed è questa la modalità che abitualmente usiamo – ci concentriamo sui singoli avvenimenti piuttosto che sulle loro connessioni. Ma gli occhi di uno Sciamano non hanno questa visuale limitata e parziale, perché se è vero che la vita si svolge attraverso cascate, rapide, gorghi e risucchi, lui sa che tutti questi fanno comunque parte dello stesso corso d’acqua. La dimensione del Wyrd li contiene tutti, racchiudendo nella sua natura sia l’attimo che l’eternità. Il più piccolo gesto ne modifica di fatto la sequenza, fondando la libertà di chi lo compie – la libertà di decidere che parte avere nella storia che accade (cioè la libertà di salire su un autobus che non sta passando per raccogliere me) – e che comunque accadrebbe a prescindere da me – creando una sincronizzazione che varchi i confini dello spazio e del tempo continuando a modificare prospettive anche remote. Lo sciamano-veggente si muove in un universo costituito da energie viventi, dove tutto è collegato; passato, presente e futuro sono in relazione, e ogni essere senziente è connesso con tutti gli altri.

È di fatto possibile paragonare il singolo filamento di quest’immensa ragnatela con il destino individuale, ma questo viene ad intrecciarsi inestricabilmente con quello di tutti gli altri esseri e, nel suo muoversi, determina il continuo mutare del disegno luminoso connesso con l’intera trama. Così, la perdita di equilibrio di un aspetto, può determinare la rovina o l’incremento di un altro, e questo rende il Wyrd perennemente in movimento e, al contempo, saldo e centrato nella sua immutabilità.

Viviamo all’interno di un complesso universo di significati, che possiamo cogliere o ignorare nelle loro indicazioni. Molti ne hanno paura perché credono che siano predizioni di eventi che devono accadere per forza. Ma questo è fraintendere la vera natura dei presagi, che indicano semplicemente quali forze ed energie siano all’opera, in questo momento, per produrre dei mutamenti annunciati. Lo Sciamano sa leggere i presagi come indicatori di modelli, dai quali possono essere presunte connessioni, potenzialmente operative, tra parti differenti.

Per concludere, citando ancora Bites, potremo dire: “Il Wyrd dura soltanto un istante, perché è la creazione costante delle forze. Eppure, proprio perché è creato ogni istante, è immutabile, come il centro stabile di un vortice. Tutto quello che possiamo vedere sono le increspature che danzano sulla superficie dell’acqua.”

 

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